Strategie

Tumori rari, un “arcipelago”
difficile, che richiede alleanze
fra ospedali per curare bene

Venerdì 12 aprile 2024 circa 7 minuti di lettura
Rielaborazione al computer di un’immagine di cellule tumorali maligne (foto dell’agenzia Shutterstock)
Rielaborazione al computer di un’immagine di cellule tumorali maligne (foto dell’agenzia Shutterstock)

Al congresso organizzato da ESMO a Lugano il punto sulle (numerose) forme di cancro che colpiscono meno di 6 persone ogni 100mila abitanti e, anche per questo, sono spesso più complicate da affrontare
di Simone Pengue

Se un tumore è già una diagnosi difficile da ricevere, un tumore raro può aggiungere isolamento e smarrimento come angosce ulteriori. Stiamo parlando di una vasta categoria di tumori che, presi singolarmente, vengono diagnosticati molto di rado, ma che - considerati invece complessivamente - colpiscono un paziente oncologico europeo su cinque e sono la causa di un terzo dei decessi tumorali. Per permettere ai medici di tutto il mondo di confrontarsi e scambiarsi opinioni, l’European Society for Medical Oncology (Società europea di oncologia medica) ha organizzato a Lugano la seconda edizione dell’ESMO Sarcoma and Rare Cancers Congress (Congresso sui sarcomi e tumori rari). Per l’evento si sono riuniti al Palazzo dei Congressi dal 14 al 16 marzo oltre 600 medici da 73 Paesi, e hanno discusso sui più recenti metodi diagnostici, terapeutici e analitici. Ma il congresso è stato anche l’occasione, importante, per tessere reti di condivisione. Conferma, a questo proposito, l’oncologo Robin Jones, membro del comitato scientifico del congresso e ricercatore all’Institute of Cancer Research di Londra (Regno Unito): «La tendenza emersa dal congresso a proposito della ricerca e dei trattamenti per i tumori rari evidenzia la chiara necessità di collaborare a livello internazionale».

La ricerca sui tumori rari richiede la cooperazione più di molte altre discipline mediche. Formalmente, si definiscono rari i tumori che all’anno colpiscono meno di sei persone ogni centomila abitanti. Nel concreto, significa che in alcuni casi l’oncologo si trova di fronte a tumori che ha visto pochissime volte in vita propria, o persino nessuna, e diventa quindi essenziale chiedere un’opinione ai colleghi. «Tutti questi tumori rari hanno quattro cose in comune: è difficile diagnosticarli, è complesso trattarli, ci sono spesso ritardi nella diagnosi e raramente sono disponibili trattamenti standardizzati» - spiega a Ticino Scienza Martina Imbimbo, oncologa specializzata in tumori rari del distretto testa-collo e torace presso l’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (IOSI). Il problema, infatti, è che con numeri così bassi non si riescono a realizzare le ricerche ad ampio spettro tipiche della medicina, dove solitamente bisogna reclutare centinaia di pazienti con la medesima diagnosi.

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Per capire la scala del problema, si pensi, ad esempio, che al congresso di ESMO è stato presentato uno studio svolto in Italia per trattare il carcinoma timico, un tumore raro ad una ghiandola posta nel petto chiamata timo (che ha un ruolo molto importante, soprattutto durante la giovinezza, per il funzionamento del sistema immunitario). Ebbene, nell’ambito di questa  ricerca, svolta all’interno della rete interdisciplinare TYME specializzata nei tumori del timo, è stato possibile raccogliere solamente quaranta pazienti nell’arco di cinque anni all’interno di un Paese, come l’Italia, di quasi sessanta milioni di abitanti.

A causa dei numeri così limitati, le ricerche sulle terapie si fermano generalmente alla cosiddetta “fase 2” (ovvero alla prova che la terapia ha una serie di effetti positivi e una tossicità accettabile), ma senza il confronto sistematico circa l’efficacia e la sicurezza affrontato su vasti campioni, come di norma avviene nella “fase 3”. Nonostante alcuni sforzi recenti per andare incontro alle realtà delle malattie rare, le autorità competenti per l’approvazione dei farmaci, come Swissmedic, richiedono solitamente evidenze più ampie per convalidare una terapia. Anche se ben giustificata da ostacoli metodologici, l’assenza di approvazione comporta notevoli problemi operativi: «Nel trattamento - spiega Martina Imbimbo - l’accesso ai farmaci è limitato rispetto ai tumori non rari. Non essendoci studi che con alta qualità provano l’efficacia, trattiamo questi casi attraverso la richiesta “off label”». Ovvero, i farmaci vanno richiesti al di fuori degli usi per i quali sono stati approvati, ad esempio sconfiggere un altro tipo di tumore più comune. Le casse malati, però, non sono tenute in Svizzera a coprire i costi dei farmaci prescritti “off label”. Per iniziare la terapia, i medici devono quindi appellarsi all’articolo 71 della Legge sull’assicurazione malattie (LAMal), che prevede la remunerazione in via eccezionale di medicamenti ed è, in una certa misura, soggetta alla volontà delle assicurazioni. Un processo burocraticamente oneroso, che comporta rallentamenti nella somministrazione della terapia, oltre a risultare sfiancante tanto per il medico quanto per il paziente. 
Occasionalmente i medici riescono invece a ottenere l’appoggio delle case farmaceutiche, che forniscono i propri prodotti assumendosi una parte importante dei costi.

NECESSARIO COLLABORARE - Ancor più che in altre patologie, «nell’ambito dei tumori rari il paziente ha un ruolo fondamentale - continua Martina Imbimbo. - Questi pazienti sono molto proattivi, perché spesso non trovano molte risposte alle proprie domande». Anche da questo lato, la parola d’ordine è collaborare per formare una rete. Infatti, spesso sono le persone affette da queste patologie che costituiscono associazioni per scambiarsi informazioni a vicenda, candidarsi a studi clinici per nuove terapie o scoprire centri specializzati. Ad esempio, Martina Imbimbo è stata tra i promotori dell’associazione TUTOR per i tumori rari del torace in Italia e ora sta valutando di creare una realtà simile anche in Svizzera.
«In generale - continua Imbimbo -il paziente ha il diritto di richiedere di andare nei centri di riferimento dove trovare squadre interdisciplinari di specialisti come chirurghi, radiologi, radioterapisti, oncologi e patologi con un volume adeguato di casi».
In Ticino i centri di riferimento sono costituiti dagli ospedali. In particolare, l’EOC è parte dello Swiss Sarcoma Network, una rete di collegamento tra diversi ospedali svizzeri per discutere tra esperti i casi di sarcomi, una macrocategoria di circa 50 tumori rari. Lo Swiss Sarcoma Network collabora direttamente con Euracan, la principale associazione dell’Unione Europea per i tumori rari solidi. Naturalmente, anche altri specialisti ticinesi di patologie oncologiche rare, ad esempio gastrointestinali o cerebrali, partecipano a reti nazionali e internazionali per la raccolta dei dati e lo sviluppo di progetti di ricerca. Inoltre, l’unità di chirurgia toracica dell’EOC è attivamente coinvolta nella ricerca sui tumori rari toracici, oltre che nel loro trattamento, attraverso la European Society of Thoracic Surgeons (Società europea di chirurghi toracici).

SISTEMI DIAGNOSTICI AVANZATI - Tra le nuove armi terapeutiche a disposizione - delle quali si è molto parlato all’ESMO Sarcoma and Rare Cancers Congress - c’è il sequenziamento genetico di nuova generazione, chiamato NGS (dall’inglese next generation sequencing). La sigla racchiude un insieme di nuove tecnologie in grado di leggere le sequenze genetiche con tempi e costi molto contenuti, aprendo la strada a nuove strategie diagnostiche. In questo modo è possibile identificare con altissima precisione i tumori, permettendo una diagnosi accurata. «Ora che abbiamo tecnologie più avanzate - dice Imbimbo - aumenta il numero di tumori rari diagnosticati. Ci stiamo muovendo dalla caratterizzazione istologica dei tessuti cancerosi, a quella molecolare, perché molti tumori rari presentano delle alterazioni genetiche specifiche». In linea con le nuove tecnologie a disposizione dei medici in reparto, ESMO pubblicherà prossimamente un aggiornamento delle proprie raccomandazioni sull’utilizzo degli NGS, includendo in modo particolare i tumori rari. Infatti, per questa categoria i test NGS sono disponibili solo su iniziativa dell’oncologo, limitandone quindi l’effettiva penetrazione negli studi.

«Le nuove raccomandazioni dell’ESMO possono cambiare l’attuale routine - spiega Silke Gillessen Sommer, primaria di oncologia medica e direttrice medica e scientifica dello IOSI. - I test NGS, infatti, non saranno più eseguiti solo su richiesta, ma per qualche tumore raro diventeranno un processo automatizzato». Il cambio di protocollo clinico ha il potenziale per avere un impatto decisivo nella lotta ad alcuni tipi di tumori rari. «E questo - aggiunge Silke Gillessen Sommer - si tradurrà in un’applicazione precoce di terapie mirate, con benefici in termini di risposta al tumore e sopravvivenza dei pazienti».