IMMUNOTERAPIA

Al via Choose Life Biotech
con gli occhi puntati
sui "poteri" dei nano-anticorpi

Lunedì 12 settembre 2022 circa 7 minuti di lettura In deutscher Sprache

Bellinzona sempre più capitale della Ricerca. La nuova startup è stata creata da Luca Varani (direttore di laboratorio all’IRB) e dal manager Vincenzo Martino, con il forte sostegno finanziario e operativo di IBSA
di Paolo Rossi Castelli

Bellinzona si conferma capitale della ricerca scientifica in Ticino e accoglie (la notizia ufficiale è stata diffusa il 18 luglio) una nuova azienda biotecnologica, creata da Luca Varani (direttore di laboratorio all’Istituto di Ricerca in Biomedicina, IRB) e dal manager Vincenzo Martino, con l’aiuto determinante della casa farmaceutica IBSA di Lugano. La nuova startup si chiama Choose Life Biotech (in sigla, CLB) e ha, nel logo, il segno dell’infinito, ma incompleto: un infinito da scoprire, da inseguire, con la creatività tipica dei ricercatori di razza, che per tanti aspetti assomigliano agli artisti.

Il futuro, anzi il presente, della CLB si chiama immunoterapia (forse il settore in maggiore espansione, attualmente, della ricerca biomedica nel mondo), ma con una “declinazione” particolare, che è ancora tutta, o quasi tutta, da inventare: quella dei nanoanticorpi. Che cosa sono? Sono anticorpi simili a quelli “classici”, utilizzati dal nostro sistema immunitario per bloccare virus e batteri, ma di dimensioni molto più piccole, come suggerisce il nome (circa un decimo, rispetto alla norma), e con un solo braccio al posto dei due che costituiscono gli anticorpi “normali”, tipicamente a forma di Y. I nanoanticorpi hanno un unico filamento, con una struttura più semplice, agile e robusta. Sono stati scoperti una trentina di anni fa nei camelidi (cammelli, dromedari, lama), e si è poi visto che molecole simili si trovano anche negli squali. Gli esseri umani non li possiedono e non li producono, ma è pur vero che, togliendo un “braccio” in laboratorio agli anticorpi classici, si ottengono nanoanticorpi (o qualcosa di simile) che funzionano benissimo. Insomma, i dromedari e gli squali sono l’ispirazione, ma i nanoanticorpi che verranno studiati e “costruiti” in laboratorio a Bellinzona (e in altri centri di ricerca nel mondo) saranno a tutti gli effetti umani - o, per meglio dire, con caratteristiche umane. Altrimenti, potrebbero essere respinti dal nostro organismo.

Guarda la gallery Guarda la gallery Tiziano Fossati, responsabile della ricerca IBSA
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Ma perché la CLB ha deciso di puntare l’attenzione proprio su questi particolarissimi anticorpi? «Perché in determinate situazioni - spiega Varani - i nanoanticorpi hanno mostrato di funzionare molto meglio di quelli classici. Per esempio, essendo così piccoli sono in grado di raggiungere zone dei tumori che sono off-limits per gli anticorpi normali, oppure riescono a passare attraverso la barriera emato-encefalica del cervello (una fittissima rete di protezione), invalicabile per gli anticorpi classici. Se pensiamo che è possibile legare ai nanoanticorpi (utilizzandoli come “trasportatori”) anche altre sostanze, a partire da certi farmaci anticancro, e che i nanoanticorpi stessi vengono programmati per raggiungere bersagli ben precisi (come le cellule tumorali, appunto), diventano chiari i motivi per cui il loro uso potrà diventare sempre piū importante».

Ma non basta. I nanoanticorpi hanno una emivita, come si dice nel gergo tecnico (cioè il tempo durante il quale la loro concentrazione nel sangue si riduce del 50%), molto più breve di quella degli altri anticorpi. Questo può diventare un problema in certi casi (per esempio, se si cerca di utilizzare i nanoanticorpi contro il Covid, come è stato fatto), ma va benissimo se a questi piccoli anticorpi vengono legati i chemioterapici, oppure certi traccianti diagnostici “pesanti” per l’organismo. Scomparendo in tempi brevi, i nanoanticorpi portano con sè anche le sostanze tossiche, dopo averle condotte a destinazione e averle lasciate agire per il tempo necessario.

Infine, i nanoanticorpi sono meno costosi da produrre e da sviluppare, e molto più resistenti, in senso letterale, rispetto agli altri anticorpi: per esempio, non si danneggiano anche ad alte temperature, e questo può facilitare di molto il loro uso in zone del mondo come l’Africa. In più, riescono a passare anche attraverso lo stomaco, senza essere distrutti, fino all’intestino (gli altri, invece, spesso si “rompono”).

Nei prossimi anni la CLB realizzerà in laboratorio, grazie ad avanzate tecniche di ingegneria genetica (antibody engeneering), fino a 10 miliardi di tipi diversi di nanoanticorpi, creando un’enorme banca-dati. A seconda delle esigenze, i ricercatori potranno poi scegliere, all’interno di questo gigantesco archivio, i nanoanticorpi che appariranno più adatti per combattere determinate malattie. In un’ulteriore fase, dopo i test in vitro e sugli animali, si potrà pensare anche a sperimentazioni cliniche sui pazienti. «Il nostro lavoro si fermerà, però, alla parte preclinica - precisa Varani. - L’alleanza con IBSA sarà preziosa anche per sviluppare il resto».

L’accordo fra la CLB e IBSA - conferma Tiziano Fossati, responsabile della Ricerca e Sviluppo farmaceutico della multinazionale ticinese - non è soltanto finanziario (IBSA ha fornito i capitali per avviare la startup e per sostenerla nei prossimi anni). «Lavoreremo a stretto contatto - spiega Fossati - integrando i nostri “saperi” e le nostre tecnologie, all’interno di una vera e propria partnership. La CLB ha un forte know-how nel settore degli anticorpi, mentre IBSA ha un’importante competenza biotecnologica nella generazione di molecole attraverso cellule ricombinanti, o attraverso batteri (una tecnica che risulterà decisiva per generare e purificare i nanoanticorpi, ndr). Il 40% circa del nostro fatturato è legato a molecole biotech (insomma, a biomolecole, non a molecole ottenute con procedimenti chimici). Abbiamo anche un’ampia esperienza nella sperimentazione clinica e nella filiera produttiva completa. Dunque, insieme a CLB potremo operare al meglio. Il gruppo IBSA - aggiunge Fossati - ha più di 200 ricercatori, nelle varie sedi. Vogliamo trovare per ogni paziente il farmaco che abbia il migliore rapporto rischio-beneficio. È la medicina personalizzata, e i nanoanticorpi rientrano in questo importante filone».

Accennavamo, qualche riga fa, alla produzione dei nanoanticorpi attraverso i batteri. Sembra fantascienza, ma questi procedimenti, in verità, sono ormai consolidati e vengono utilizzati anche per numerosi altri farmaci. Come funziona? Semplificando molto, possiamo dire che il codice genetico di particolari batteri (anzi, per la precisione, di particolari virus, chiamati fagi, che infettano i batteri), viene modificato per fare in modo che questi microrganismi producano la molecola desiderata: nel nostro caso, un nanoanticorpo. Poi, con tecniche sofisticate, la molecola viene estratta, in mezzo alle migliaia di altre prodotte dai batteri, e resa utilizzabile (è questa la “purificazione”). 

L’accordo con IBSA si è sviluppato molto velocemente. «Abbiamo preso i primi contatti nel gennaio di quest’anno - racconta Martino - e in maggio l’accordo era già firmato! Il Presidente di IBSA, Arturo Licenziati, che ringraziamo molto, ci ha dato fiducia, e anche il team direzionale dell’azienda ha lavorato con grande velocità ed efficacia. Nel frattempo l’Istituto Oncologico di Ricerca (IOR), membro con l’IRB dell’associazione BIOS +, ha deciso di fornirci la sede, in via Pometta 1 a Bellinzona, ed entro breve i nostri laboratori potranno partire. Inizialmente avremo tre ricercatori a tempo pieno, che diventeranno 5 all’inizio del prossimo anno, e 7 nel medio termine».

Dunque, dicevamo, per mettere a punto l’alleanza con IBSA sono stati necessari solo 4 mesi, ma il progetto, in realtà, ha avuto una gestazione più lunga. L’idea era venuta nel 2020 a Varani, che aveva coinvolto da subito Martino. I due si conoscono fin dall’infanzia (le loro mamme erano “migliori amiche”...). Entrambi di Varese, venivano in Ticino con le famiglie per le escursioni in Val Verzasca, e per i picnic dei giorni di festa. Poi, dopo l’università, Varani è emigrato in Gran Bretagna (ha ottenuto il dottorato di ricerca a Cambridge) e negli Stati Uniti (dove ha lavorato come post-doc nella prestigiosa università di Stanford), mentre Martino ha intrapreso l’attività manageriale, diventando responsabile delle risorse umane della BSI, per la Svizzera e le filiali estere, e aprendo poi una sua società di consulenza aziendale. Quando Varani è tornato in Ticino, nel 2007, come direttore di laboratorio all’Istituto di Ricerca in Biomedicina (nato pochi anni prima e diretto, allora, da Antonio Lanzavecchia), i due vecchi amici si sono ritrovati. Un abbraccio, mille fili ricollegati insieme, la decisione di creare Choose Life Biotech, la ricerca dei possibili finanziatori, i contatti con IBSA. E adesso l’avventura comincia davvero.